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Giovane Holden Edizioni

 

 

Copertina Fiore di vetro

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Introduzione

Fiore di vetro nasce dalla maturazione ed evoluzione del sentimento ispiratore del mio primo libro: Amore imperfetto.

Come l’amore imperfetto è il sentimento univoco, tendente ad idealizzare fino all’idolatria l’oggetto della propria passione, in Fiore di vetro c’è la conseguente presa di coscienza, spesso tardiva e talvolta tragica, dell’impossibilità di ricevere una quantità, anche minima, di amore da parte di chi ha assorbito completamente il nostro vivere quotidiano.

Questa amara presa di coscienza non è mai rapida e folgorante, si evolve col tempo e col tempo si modifica, assumendo tutta una serie di sfaccettature che vanno dallo stupore alla negazione della realtà, alla rabbia e che conducono inesorabilmente alla solitudine, frantumando così, per mezzo della sofferenza, il sentimento di chi ama come fosse un fiore di vetro.

Sofferenza e solitudine, infatti, sono il tragico destino di chi dona amore con tutto se stesso senza mai riceverne in cambio.

 

Postfazione

A prima vista la poesia di Stefano Massetani può apparire pessimistica, malinconica, poi ci si accorge che nei suoi versi ci sono simboli e immagini che danno vigore al canto, mentre quel suo tornare ai ricordi, come condizione di felicità interiore, dà alla sua poesia fluidità e spontaneità.

Il suo cuore è spesso pervaso di sottile malinconia, di delusione, di amarezza, la realtà ci appare in mille frantumi, in mille sfaccettature, che aspettano di essere ricostruite in un vissuto concreto. Le sue poesie sembrano essere scaturite da un colloquio silenzioso di un’anima che cerca conforto contro la corteccia del reale.

È una poesia amara di sofferenza e di rimpianti e talvolta i suoi versi diventano graffianti, ma alla fine prorompe dalla malinconia del cuore la speranza. Traduce in poesia la realtà di un vissuto dipingendo i versi con la sua naturale sensibilità.

Poesia intima e ricca di contenuti, a volte espressa con toni crudi e realistici, in cui si evidenzia la fugacità del tempo e la precarietà della vita. Le vicende del quotidiano infatti, a volte, ci fanno rimanere smarriti e allora i tumulti dell’anima sono così tanti che veniamo presi da sconforto, ma il poeta resta comunque con i piedi per terra e continua a guardare la vita sotto un luce ancora più viva.

I momenti di dolore, il senso di solitudine che riesce a tradurre in poesia ci danno l’immagine di un’anima grande che riesce a produrre emozioni nel lettore.

La materia prima dei suoi soggetti è sempre e solo la donna, con le sue ansie, le sue passioni, i suoi turbamenti, le sue incertezze, le sue paure e mentre cerca di dipanare quell’intricata matassa si accorge di sentirsi solo nella dura realtà. Allora ecco che si affida al ricordo che fa riesplodere la fantasia per navigare di nuovo in un mondo di sogni.

Il suo pianto, la sua sofferenza, i suoi turbamenti d’amore sono il modo di vivere la realtà che lo circonda e danno la possibilità di constatare la progressiva crescita della sua creatività e della sua forte personalità, che si esprime nella padronanza dei termini espressivi e nel linguaggio.

Un amore perduto può essere un destino crudele che porta al rimpianto, alla tristezza, alla nostalgia, talvolta anche alla disperazione, ma il poeta non si arrende e coraggiosamente affronta la vita alla ricerca del vero amore, di un amore più alto e sublime.

 

Luana Soldani

 

Stefano Massetani © 2012


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Riconoscimenti ottenuti:

Primo classificato  nel 26°Premio Letterario Internazionale Giovanni Gronchi Pontedera 2012

Secondo classificato  nel 6°Premio Letterario Internazionale Priamar Savona 2012

Terzo classificato  nel 31 °Premio Letterario Franco Bargagna  Pontedera 2013

Quarto classificato  nel 5°Premio Letterario Internazionale “Lilly Brogi LaPergolaArte” Firenze 2012

Quarto classificato  nel Premio LetterarioNazionale di poesia "Leandro Polverini" Anzio 2013

Premio della critica   nel 6°Premio Letterario Europeo “Massa, città fiabesca di mare e di marmo” Massa 2012

Encomio speciale di merito  al 1° Premio Thesaurus Matera 2012

Premio Speciale  al 2° Concorso Letterario Internazionale "CITTÀ DI PONTREMOLI" Pontremoli 2013

Premio della giuria al 26° Premio internazionale"CINQUE TERRE-GOLFO DEI POETI Sirio Guerrieri " Aulla 2013

Trofeo "Athos Lazzeri" nel 5°Premio Letterario Internazionale "CITTA' di CATTOLICA " Cattolica 2013

Segnalazione di merito  al  Premio"Viareggio Carnevale" 2013 CAPIT Fucecchio 2013

Segnalazione di merito  al  Premio Circolo IPLAC "Voci" 2013 Mestre 2013

Finalista  nel Premio LetterarioNazionale di poesia "Astrolabio 2013" Pisa 2013

 

Presentazioni effettuate:


2012

14 Aprile Refettorio Certosa di Calci(Pisa) Anteprima nazionale
26 Maggio Sala grande della Biblioteca Capitolare di Pescia
14 luglio Spiaggia di Nettuno  (Roma)
21 Luglio Bosco di Abetone (Pistoia)
7 Ottobre Libreria UBIK Lucca
13 Ottobre Caffè letterario Satyricon Frosinone
14 Ottobre Libreria Rinascita di viale Agosta Roma
15 Ottobre  Sala della Gerusalemme liberata Palazzo Panciatichi (sede della Regione Toscana) Firenze
18 Ottobre  Salotto letterario Pinkhouse (Pisa)

23 Novembre Sala di lettura Biblioteca comunale "G.Puccini" Torre del Lago Puccini (Lu)

25 Novembre Pisa Book Festival (Pisa)

2 Dicembre Libreria di via Trento Poggibonsi (Siena)

15 Dicembre "Worldbook" Rassegna Internazionale dell' Editoria Città di Cattolica (FC)

 

Hanno parlato di "Fiore di vetro":

RECENSIONE di Lina Cortesini Fernandez

" Fiore di vetro" è un romanzo, una storia raccontata in versi che ricompongono un'avventura della vita, una storia che comincia dalla fine e rivive tutta nel ricordo.

La realtà è descritta attraverso le immagini che presentano i luoghi consueti: mare, sabbia, boschi, strade, la casa, e poi sole, nuvole, luna, luce, buio.

Lui e lei appaiono controluce, eppure si offrono concreti, tangibili, sensuali.

Momenti appassionati, sofferenze nella carne, ricordi che nessun tempo può cancellare emergono purificati e resi leggeri dalle parole che li fanno rivivere.

Chi legge, ritrova la nostalgia, il dolore ed anche la bellezza di ciò che ha vissuto.

Il poeta fa rinascere i sentimenti di ognuno di noi.

Le parole sono struggenti, forti, dolorose, eppure terse, trasparenti, di "vetro" anch'esse, come se nella trasfigurazione della metafora, si fossero liberate della loro pesante carnalità.

L'Amore ostinato non vuole cedere, ma alla fine comprende: "non ti fermerò" e la voglia di vivere risolleva un "cuore nuovo e puro".

La vita ci regalerà ancora Amore.

COMMENTO di Carlo Marchesi

 La poesia di Massetani si presenta chiara e semplice.

Svela la passione dell'autore per la vita, vissuta con amore intenso.

L'efficace e ricco uso di immagini metaforiche coglie spesso il sapore antico dei frammenti dei Lirici Greci, ne rinverdisce il ricordo.

Di questo gli sono grato.

RECENSIONE di Lucilla Gattini

Per me la poesia è veramente una componente fondamentale dell'esistenza, faccio parte di quello sparuto manipolo che la legge quotidianamente, che ne compra i libri, che periodicamente torna a gustare le opere preferite e non perde occasione per farsi risuonare nella mente i versi che le varie situazioni le ricordano. Fino a poco tempo fa però frequentavo e conoscevo solo i "grandi", quelli che molti sostengono di odiare per colpa della scuola, e altri conosciuti e approfonditi negli anni ma sempre per così dire di chiara fama. Poi attraverso un'amicizia sono entrata nel vasto sottobosco di chi famoso non è e forse non sentirà mai squillare le trombe della celebrità, persone apparentemente tranquille che svolgono i più disparati mestieri ma accomunati dalla passione di esprimersi poeticamente: alcuni risultano sorprendentemente bravi, altri sanno comunque trovare dei momenti di grazia che emozionano, qualcuno raramente fa scoccare qualche scintilla e molti sono così sciattamente banali  da lasciare sconfortati e senza parole. In questo panorama Stefano Massetani è sicuramente un caso a sè. Così come la persona è singolarmente poliedrica, anche la sua poesia lo è. Uno stile semplice,  chiaro e discorsivo raccoglie efficacemente gli stimoli e le caratteristiche del nostro tempo, lo rappresenta anche nei contrasti tra un'immediatezza priva di fronzoli che quasi prende le distanze dal "versificare" e improvvisi tuffi delicati in una tenerezza accennata ma toccante come la carezza che un bambino regala mentre corre via. Quello che lui ama è la vita, niente di più e niente di meno, e questo fremito vitale traspare in qualunque tema tocchi, il rimpianto per la fugacità dell'amore, l'implacabile lotta esistenziale stemperata dalla bellezza, la fragilità degli individui, il dolore e le gioie: tutto si riflette nel mistero solare di esistere. E le sue parole sono proprio come il sole e la pioggia, elaborate da un'anima che con il suo operare fa la cosa più ardua del mondo: guarda e dando voce alle sue impressioni cerca di capire.

RECENSIONE di Raimondo Venturiello

Nota critica nella Presentazione a cura de L@ Nuov@ Mus@ di Aprilia-LT(Nettuno, 14 luglio 2012)

“Fiore di vetro”, titolo della poesia d’apertura, esteso all’intera silloge di Stefano Massetani, risulterà ai lettori come una sorta di “manifesto programmatico” dell’Autore, ma anche come antidoto “al soffio del tempo” che ha frantumato “in cento schegge” quel “delicato e fragile” fiore.

Di quel fiore, simbolo dell’amore perduto, restano solo “schegge capaci di lacerare la carne e lasciare il segno” e dalla loro attenta e intensa osservazione prende il via un itinerario accidentato, sì, ma psicologicamente liberatorio e poeticamente consapevole sul ruolo della parola, dei suoi limiti e dell’impegno a farne strumento che esprima – e al tempo stesso lenisca – le tensioni interiori.

È una consapevolezza affermata con forza nei versi di “Sei” dove si legge, in chiusa, che la poesia è per Stefano “la sola di cui ho davvero bisogno”. Di qui parte un serrato intreccio tra variopinti fili memoriali e grigiori del presente.

È vero che amarezze e negatività della vita si stemperano grazie al filtro della memoria; ma è anche vero che rievocarle rischia di renderle più acute, dando così adito: ora a dubbi, come quelli che vengono “cercando ancora una ragione / al graffio delle tue parole” (ne “Il tuo abbandono”); ora ad ansie quando “Avanzo sul filo, / che vibra e sussulta ad ogni passo, / aspettando che la tua mano mi afferri” (in “Acrobata”); ora a insoddisfazioni rassegnate ma decise, visto che “Archivierò i giorni tristi negli angoli più remoti della memoria, /mettendomi in tasca soltanto il sorriso che avevi / e che più non hai” (in “Porterò via con me”).

Sta di fatto che il raffronto, tra ciò che è stato ieri e ciò che è oggi o potrebbe essere domani, ha esiti deludenti in liriche che azzerano le attese: in “Parole al vento” che “ho sussurrato /.../ ma tu non le hai mai ascoltate”; o in “Macerie” che “mi accompagnano verso terre inesplorate e sconosciute, / mentre la polvere del rimpianto si alza improvvisa”; oppure in “Uccidimi ancora” come “lo stelo d’erba appena strappato al prato, / e che attorcigli tra le dita”; fino a “Non piango più”, che è una sorta di epitaffio, in quanto “lascio alle spalle un mondo che più non mi appartiene”.

Va anche detto che in altre liriche si intravedono venature sia di autocritica, sia di spregiudicata autoanalisi. È evidente: nei versi di “Giorno dopo giorno” in cui si sente “sconfitto come un pugile al tappeto e solo, / infinitamente solo, / come soltanto io so di essere”; in quelli dove “Il vento sta cambiando” e lo fa “gettando in aria fiocchi di schiuma densi di ricordi, /.../ testimoni sordi e muti di un inquieto vivere”; e ancor più in “Quando sarò di nuovo capace di amare” e per il poeta “sarà bello allora sdraiarsi con la faccia al sole, chiudere gli occhi, e ricominciare a sognare”.

È, quest’ultimo, un desiderio istintivo, anche di sopravvivenza psicologica, dovuto all’amara constatazione che il tragitto della condizione umana è un segmento compreso tra l’alfa di Eros (non sempre benevolo) e l’omega di Thanatos (sempre malevolo).

Non resta allora, per gli avvertiti disagi, che tornare al punto di partenza: la poesia salvifica; ma quale? E qui l’Autore tenta più strade.

C’è anzitutto quella offerta dalla natura, che: ora conduce “Oltre le nuvole” quando “un raggio di sole, / che non teme il futuro, / spudoratamente le trapassa”; ora annuncia che “Oggi è un buon giorno”, grazie al quale “assaporo tutti gli odori che io bosco mi offre”; ora mostra “Impronte sulla sabbia”, dai versi fortemente evocativi di “Love letters in the sand”, grande successo mondiale del cantante e attore Pat Boone nei primi anni ’60.

C’è poi il tentativo di superare il dramma dell’incomunicabilità ne “Le parole non dette” e c’è, infine, la rivincita dell’orgoglio nei versi di “Prestami” che chiedono “quella penna / con cui hai scritto parole sul mio cuore /.../ perché voglio cancellarle con un segno netto”.

Tuttavia l’amore è il “pensiero dominante”, intorno al quale ruota la maggior parte delle liriche di “Fiore di vetro” che, in definitiva, è assimilabile ad una dimostrazione in versi del “teorema” che Novalis enunciò (in “Frammenti”, n. 932) così: "Ciò che si ama lo si trova dappertutto e dappertutto si vedono somiglianze. Quanto più grande è l’amore, tanto più largo e vario è questo mondo somigliante. La mia amata è l’abbreviazione dell’universo, l’universo l’elongazione della mia amata".

Conclusivamente, a chi obiettasse che la silloge e/o l’Autore siano monotematici, ritengo sia facile rispondere che, se questo è vero, è anche vero che – nel bene e nel male – non c’è tema più ricco nelle sue sfumature, più articolato nei suoi impulsi, più coinvolgente dell’amore per chi lo vive in prima persona e sente irrefrenabile il bisogno di manifestarlo, comunicarlo, gridarlo, cantarlo al mondo intero, come l’Autore fa, esaltandosi per gli attimi condivisi di felicità e raramente deprimendosi per quelli in cui l’unico legame è il ricordo venato di rimpianti. Per di più non va dimenticato che, quando affiorano nostalgie, è la stessa lontananza – nel tempo o nello spazio – a fare da lievito al sentimento che sopravvive.

RECENSIONE di Luigia Paglia


 "Ho letto la tua raccolta Fiore di vetro. Confesso che inizialmente ho pensato : che malinconica rassegnazione e sfiducia ...poi andando avanti è stato come osservare pezzi di pellicola apparentemente slegati che man mano si univano dando forma e corpo ad un'anima che pur nella consapevolezza di essere "incompresa" continua a cercare l'amore nella forma più elevata. L'amore che si dà, che dà, che si realizza nella sua essenza più pura "AMARE" e basta . Tout court."

 RECENSIONE di Augusta Bianchi

"Fiore di vetro", la raccolta poetica di Stefano Massetani, è uno scrigno prezioso che contiene tutto quello che una donna avrebbe voluto sentirsi dire, almeno una volta, nella vita. Il sentimento che traspare dalle poesie, intense e calde, è quello di una devozione totale che trascende la contestualità e le circostanze. L'amore, questo fiore di vetro, ha la purezza del cristallo, ma, nonostante si riduca in" resti...opachi e smorti", ad ogni verso rinasce più vigoroso e tenace fino a ricomporsi nella sua purezza fino alla fine:

"Quando la luce del nostro sole volgerà al tramonto,
e l'ombra si farà forte, uccidendo i colori del mondo,
io ci sarò....."

E' una dichiarazione di fede all'amore struggente e imperitura!

RECENSIONE di Giovanni Gentile

Ho letto con vero piacere il libro " Fiore di vetro " dell'amico Stefano. Generalmente non mi piacciono le poesie d'amore o almeno sono molto poche quelle che mi colpiscono, io stesso non scrivo poesie d'amore. Stefano però è riuscito a mio parere a dare qualcosa di più al significato amore, alla sua descrizione in versi. Non parla d'amore con giri di parole e smancerie che rendono alcune liriche troppo smielate e alla fine insignificanti, anzi quello di Stefano lo trovo un linguaggio diretto incisivo, anche se nel suo filone fatto di malinconia e di sofferenza Stefano non è mai banale. Penetrano i suoi versi spesso mi ci sono ritrovato, ho amato con lui con lui ho sofferto, mi sono arrabbiato e alla fine ho ritrovato l'amore...
Grazie Stefano per avermi dato l'opportunità di leggere la tua creatura.

Voglio citare alcuni versi che mi hanno colpito in modo speciale.

"Eppure, ancora mi innamoro,
giorno dopo giorno,
con quell'incredibile voglia di farmi male che
solo tu sai trasmettermi fin dal primo momento".

RECENSIONE di Renato Fedi

Dopo essermi letto per un paio di volte il tuo "Fiore di vetro" devo ringraziarti per avermi dato la possibilità di immergermi in quel lago di emozioni, a volte forti ed altre riposanti, che le atmosfere dell'amore sanno creare.
I tuoi versi danno al sentimento d'amore un significato vero, direi universale, sono privi di banalità, mai scontati, tirati con la corda del cuore.
Una silloge imperdibile, mi complimento.

 

 

RECENSIONE di Gabriella Afa

"FIORE DI VETRO" Un titolo che ho subito amato per il significato e molto di più, dopo aver letto ogni verso.Una raccolta di poesie d'amore: un amore da proteggere perchè fragile come il vetro, ma nello stesso tempo forte e impietoso perchè colpisce il cuore, a volte a morte, ma che non lascia la voglia di fuggire di abbandonare tutto, tutt'altro.... risorge tenace anche dal profondo dolore dell'abbandono o dell'indifferenza. La donna è sempre in primo piano, al centro dell'attenzione e su di lei parole amare o di tenerezza caratterizzano i versi di questa silloge d'amore.
Anche nell'abisso buio e profondo del dolore c'è sempre comunque una piccola luce, una speranza di rinascita e questo basta per andare avanti.
Piacevolissima e scorrevole la lettura di questi versi, dal primo all'ultimo.
Da leggere tutti di un fiato per coglierne la pienezza e poi rileggere per gustarne ogni singola emozione.
Dalla prima poesia, "Fiore di Vetro" dove si denuncia un amore delicato, fragile e sempre in pericolo, si passa a momenti di tormento e dolore ed introspezione fino ad arrivare alle ultime come "Il Vento sta cambiando" e "Voglio innamorarmi ancora" che denotano la voglia tenace di non arrendersi mai e di offrirsi a nuovi sentimenti.
Concludo con questi bellissimi versi che mi hanno emozionato moltissimo:

"soffermandomi...
ad aspettarti,
mentre respiro l'odore della polvere,
che lenta ed inesorabile si posa su di me,
lasciando tracce visibili che
ancora una volta non saprò cancellare."


Stefano è stato un vero piacere leggere questo tuo libro e ti ringrazio davvero di cuore.

RECENSIONE di Maria Massetani 

introduzione fatta durante la presentazione alla libreria UBIK Lucca 7/10/2012

Non Sapendo di preciso in cosa consista il compito di introdurre la presentazione d'un libro, ho pensato di fare alcune personali e quindi discutibili riflessioni sulle poesie di Stefano, contenute in “Fiore di vetro.”

 

Dunque il tema di questa raccolta è “l'amore.” E si tratta di un amore sfaccettato come un diamante con luci ed ombre.

Cantandolo, il Massetani, usa con maestria i più svariati artefici poetici:la scelta delle parole, la loro posizione, la metrica, le metafore e molti paragoni.

Su quest'ultimo aspetto ci soffermiamo, per la grande capacità di evocare immagini: il fiore di vetro, il lago di silenzio, i sassi agitati nel barattolo, il pugile al tappeto, le ali di cristallo... per citarne alcuni.

Proprio attraverso questa evocazione, il poeta riesce ad universalizzare le sue emozioni, i suoi sentimenti. 

Si leggano per es. le poesie sul mare. Io che amo di più la montagna, posso cogliere il fascino dell'eterno infrangersi delle onde del mare in una lirica come “Impronte sulla sabbia”.

Avendo letto i suoi libri precedenti e apprezzato le poesie lì contenute, ho potuto osservare il passaggio da una poesia dolce ed intima ad un'altra capace di esplorare l'animo umano  anche diverso da sé : vedi “Donna sbagliata” e “anima fragile”;

 di parlare a tutti coloro che amano nei modi più diversi, ai traditi dall'amore come in “Il tuo abbandono”;

 a coloro che rimpiangono l'amore che strappa i capelli e di cui non resta che qualche svogliata carezza e un po' di tenerezza;

 a coloro che al tramonto della loro vita , rivivono la loro vita insieme, dandosi ancora un sorriso (Vedi “Io ci sarò”)

Questo passaggio è, a  mio avviso l'indice di un'importante maturazione dello scrittore o del poeta. 

Direi che è il momento di chiudere con le dissertazioni e come buon ascolto per voi ed augurio per Stefano, leggerò una poesia di Roberto Piumini, autore di opere per adulti e bambini:

Per fare la poesia

si prende una P

come pialla, pasta, pietra;

poi si prende una O

come oro, ombra, orizzonte;

poi si prende una E come erba, edera, esilio,

poi si prende una S come sole,sale, silenzio

poi si prende una I come io, isola, Icaro

poi si prende una A come acqua, aranciata, ala;

poi si mettono insieme

senza odio, senza noia,senza fretta, senza rabbia,senza malinconia

e si fa POESIA.

RECENSIONE di Paolo Buzzacconi

Nota critica nella Presentazione presso libreria Rinascita Agosta Roma 14 Ottobre 2012

La poesia di Stefano Massetani è un libero viaggio nel passato e nel futuro dell’anima, in tutto ciò che poteva essere e non è stato, ma che se vogliamo un giorno sarà. Un tuffo in tutte quelle emozioni che vorremmo provare, nel nostro inesauribile desiderio di affacciarci alla finestra dell’amore. Quanta paura e quanto coraggio nelle sue liriche? Le stesse che ognuno di noi ha dentro di se. Le sue poesie affrontano con candore e semplicità i misteri che da sempre governano il mondo, raccontando quanto sia sciocco arrivare ad un passo dal cuore per poi fermarsi e limitare tutto ad un sguardo o ad un addio. La poesia di Stefano è fatta di comode poltrone davanti al camino, di magiche verande spalancate sul tramonto. É un luogo ospitale, un posto segreto dove rifugiarsi. Ad una prima lettura il suo stile può sembrare fin troppo immediato e realistico, ma non è affatto così. La sua spiccata sensibilità lo porta ad inoltrarsi nelle profondità della psicologia femminile, che riesce a descrivere con garbo e lucidità svelandoci le piccole-grandi verità che la stessa custodisce. Nella sua lirica “Donna sbagliata”, ad esempio, ci racconta con quale facilità una donna può scivolare nella spirale della paura di vivere fino al punto di sentirsi, appunto, una persona “sbagliata” e diventare così facile preda di uomini senza scrupoli che approfittano del suo grande bisogno d’amore. Un amore che – come dice il poeta – “la usa e l’avvelena” condannandola ogni volta ad una nuova, devastante solitudine. Nella lirica “Ti ho guardata”, per contro, l’autore dipinge con estrema delicatezza un istante tutto maschile ed in larga parte sconosciuto all’universo femminile. Ci svela la dolcezza di un uomo che nel cuore della notte si ferma ad osservare la sua donna che dorme, seguendone i movimenti e immagginandone i pensieri. Un momento d’amore purissimo, talmente etereo che l’uomo quasi se ne vergogna e sceglie di non svelarlo alla sua compagna e di accontentarsi , al mattino, solo di un piccolo sorriso. Stefano Massetani possiede la capacità di far parlare direttamente l’anima dei suoi personaggi e dopo poche righe conquista l’affetto e la fiducia dei suoi lettori. In sintesi, è un poeta molto bravo a raccontare, ma non solo. Attraverso le sue liriche ci accoglie nel suo cuore e li ci ascolta, ci consola e ci incoraggia con i suoi sogni e le sue speranze. Proprio come farebbe un buon amico…

RECENSIONE di Roberto De Luca
Nota critica nella Presentazione presso libreria Rinascita Agosta Roma 14 Ottobre 2012

Fiore di vetro di Stefano Massetani è un libro che coinvolge il lettore con un lento susseguirsi di tempi. Libro scandito dal sentire di un’anima che traduce l’Amore in una immobilità del sentimento stesso o meglio, basato su quello cui un sentimento la incatena. Le liriche seguono quasi tutte lo stesso filo conduttore, riguardante i moti del cuore , governati dal dolore che scaturisce soprattutto da aspettative spesso disattese. A dire la verità, apprestandosi alla lettura di queste poesie, si ha la netta percezione che il sentimento da cui nascono rimanga diviso in due parti fondamentali, da una l’autore canta quello che potrebbe sembrare, e che sicuramente è, il dispiacere per la perdita di qualcosa di prezioso, documentato in molte liriche tra cui quelle ( che personalmente mi hanno più colpito) dal titolo Il tuo abbandono oppure Dimmi addio,  entrambe particolarmente toccanti per il dissapore che traspare tra le  righe, dall’altra egli compie quasi uno scandaglio psicologico e filosofico con cui cerca di smontare e di analizzare la realtà, la sua in particolare, chiamando in ballo, quasi a dare supporto alla scrittura, la natura, cioè  il mare, il sole, le nubi, il cielo e le sue stelle e tutto ciò che è avvertito in maniera sensibile e delicata, insieme a tutta la costruzione di quell’Amore, quasi divino o divinizzato, intorno al quale egli, apparentemente, ha realizzato la sua vicenda poetica.
Senza inoltrarsi nella traduzione metrica o stilistica di questa poesia, direi che ci possiamo accontentare di una piacevole musicalità, per la verità riscontrabile soprattutto in alcune liriche dove la cadenza ritmica appare voluta e non casuale.
Leggendo ci si accorge che qualcosa di sottile serpeggia tra i versi senza però riuscire a trovare la giusta luce. La penna in effetti ,  in generale,trascrive sui fogli le sensazioni, gli stati d’animo e via dicendo ma, a ben guardare,  in questi scritti trascura, o non dà importanza a quel fluido magico che  esiste, si esprime e vorrebbe una certa continuità tra il poetico e il vissuto, tra il vivere il reale e il sognare. Libro scritto seguendo un nobile impulso, comunque, poiché la luce che gli fa da guida sembra condurci, usando una metafora, in un bosco pieno di insidie, che si stende ai piedi di un castello dove è racchiuso il sogno, che potrebbe essere a sua volta rappresentato dalla donna amata.
Con spirito più moderno, o addirittura contemporaneo, direi che, se dovessi paragonare Fiore di vetro a qualcosa,  lo farei pensando soprattutto a una lunga istantanea tridimensionale, o forse a una scultura squadrata godibile da diverse angolazioni, dalle quali scoprire, quasi sempre, quei ricorrenti dettami, immobili e delicati, colorati in tinte diverse tra loro. L’immobilità di un’istantanea quindi, come quando quella stessa fissità si percepisce guardando un quadro i cui personaggi, o i cui oggetti, sono stati fermati in un attimo ben determinato e si ha, riflettendoci un po’ a dir la verità, la netta sensazione che sopra a quegli oggetti e sopra a quelle persone, scorra comunque il tempo e lasci le sue tracce, venendo dal passato, passando per il presente, che è l’attimo rappresentato, dirigendosi verso il futuro dove, come sempre, ci sono una gran moltitudine di incognite.
 Nel libro di Massetani io vi leggo, scritto con ammirevole franchezza, quello che ognuno di noi ha vissuto almeno una volta nella vita. Chi infatti, non ha mai sofferto per amore? E sicuramente molti di noi hanno anche provato l’incantevole nobiltà racchiusa  nel dolore per un abbandono da cui , immancabilmente, spesso e volentieri, nascono piccole perle di saggezza, rintracciabili anch’esse nei versi del Massetani.
 Ascoltate ora la leggiadria di questi versi, tratti dalla poesia dal titolo L’ultimo abbraccio, che mi sembra calzino bene con quanto detto sinora.

Quanto è durato quel nostro ultimo abbraccio?
Un abbraccio senza futuro,
bagnato di lacrime e profumato di sogno.
Ricordo ancora le tue forme morbide,
accostarsi decise,
mentre con impeto mi stringevi forte a te
per sussurrarmi d’un fiato tutto il tuo amore,
per bisbigliarmi rassegnata il tuo dolore.


 L’impatto con l’animo di questa poesia del sentimento è dunque qualcosa di concreto e costituisce una buona caratteristica  di questo canto,ma quello che colpisce e che va’ oltre questo stato di cose  è che a un certo punto ci si accorge che nel libro coesiste, insieme alla prima, un diverso tipo di prospettiva poetica, che nasce  a volte dall’interruzione brusca di questo canto d’Amore e viaggia verso una panoramica che si riversa di più sull’umano , in una visione più prettamente filosofica della vita stessa. Diversificazione quindi, nulla di più positivo per un autore, poiché si tratta di NON rimanere ancorati dentro gli stessi sintagmi che rischiano di strangolare la creatività stessa.  Nel leggere alcune poesie di Stefano può venire in mente quella che io, citando Prevert, chiamerei microeternità( da Le Jardin ) e mentre le si leggono  si è invasi da una forte corrente immaginifica, quasi evanescente e inafferrabile ma, proprio per questo, concretizzata nell’animo. Quella dal titolo il vento sta cambiando  è  a questo punto , una poesia molto adatta a questo contesto.
 
All’improvviso il vento sta cambiando.
Lo percepisco con tutti i sensi ,
lo sento insolente sulla pelle disseccata dal sole,
rasentarmi il viso e passarmi tra i capelli,
portando con sé fragranze dimenticate
di luoghi lontani, nel tempo e nello spazio.
Rinforza, mutando a maestrale,
questo vento che soffia sull’anima,
e devasta e sovverte,
gettando in aria fiocchi di schiuma densi di ricordi,
bianchi fantasmi,
lontani e sbiaditi,
testimoni sordi e muti  di un inquieto vivere.
Il Massetani è dunque a mio avviso autore in grado di  diversificarsi e lo dimostra, per così dire, attraversando la strada accompagnato solo dal proprio istinto. A un certo punto, egli compie una svolta, lascia il sentimento puramente amoroso  e scrive poesie come ho visto perdere la strada  o come  le parole non dette  oppure poesie come visioni o ancora come quella dal titolo Mi avrai che è la poesia che chiude il libro, la quale descrive un donarsi completamente a ciò in cui si crede. C’è quindi una linea moderna in alcune composizioni, oserei dire addirittura Underground che rispecchia finalmente, in maniera soddisfacente, il difficile e a volte intellegibile tempo in cui viviamo. 
                                                                                                  

RECENSIONE di Ilaria Minghetti

Ho letto con molto interesse il suo libro "Fiore di vetro", trovandolo una raccolta di poesie "coraggiose".
In questi versi è proposta una lettura dell'amore che oscilla dalla sconfitta alla volontà di non arrendersi, dalla presa d'atto del dolore alla presa d'atto della possibilità e della necessità di reagire al dolore stesso.
E' intelligente e forte la scelta di scavare dentro se stessi, senza mezze misure, riuscendo ad analizzare la fragilità e la forza dei sentimenti, riuscendo a leggere i diversi volti di uno stesso sentimento.
Interessante è l'analisi della concatenazione alla quale, poesia dopo poesia, l'amore apre la strada: ecco susseguirsi, incrociarsi, "lottare" la solitudine, il dolore, il ricordo, la voglia di riemergere, la volontà di non soccombere, la forza di vivere.
In queste poesie sono presenti realtà che sono parte della vita di ogni persona e la lettura di questi versi è un continuo analizzarsi e analizzare, confrontarsi e riflettere: il risultato è uno viaggio interiore nel quale il poeta guida il lettore.
Ottima è anche la scelta della parola e della struttura del verso: tutto è fluido nella volontà di sottolineare i contenuti, tutto è "netto" nella volontà di rendere protagonista il continuo, e riuscito,confronto tra se stessi e il proprio Io più nascosto.

RECENSIONE di Pierangelo Rocchi

Motivazione 1° premio sezione poesia edita al 26 concorso letterario internazionale "Giovanni Gronchi"

La breve silloge di Stefano Massetani mette in evidenza il sentimento che domina e spesso condiziona la vita di ogni essere umano, l'amore.
L'amore è energia vitale, l' amore è dono, l'amore è accettazione dell'altro, anche dei suoi difetti, l'amore non è invidioso, l'amore vuole il bene dell'altro, l'amore non è separazione o lontananza, l'amore è comprensione, l'amore è unione, è congiunzione, l'amore è condivisione.
Ma se questo sentimento, che trova la massima esaltazione nel detto latino,”amor omnia vincit”, non è corrisposto, se la persona che dona amore non riceve in cambio amore, allora l'amore rimane solitudine e genera sofferenza fino alla disperazione.
I versi del poeta si riempiono così di amarezza e di rimpianti e talora pure di rancore.
Il poeta, però, si ribella al vittimismo ed incita se stesso e gli altri a rinascere  e a costruire la propria vita, perché questa energia vitale non può andare perduta e prima o poi riuscirà a trovare  corresponsione e contraccambio: una fiamma non può non generare un'altra fiamma.
 “Miser Catulle, desinas ineptire, et quod vides perisse perditum ducas”  cantava già il poeta latino Valerio Catullo:
Povero Catullo, cessa di delirare e quello che vedi perduto considera perduto.
E' questo il messaggio che erompe dalla breve silloge, perché:

“l'amore è come un fiore di vetro.../delicato e fragile,pronto a sbriciolarsi/in cento schegge, al soffio del vento”.

 RECENSIONE della redazione del blog "Il Colore Dei Libri"

Questa raccolta di poesie è un percorso interiore dell'autore che elabora il proprio dolore per un amor perduto in modo melanconico, personale e originale.

Si inizia con la poesia che da il titolo al libro " Fiori di vetro"  che paragona  l'amore ad una cosa fragile, effimera e perduta proprio come un fiore di vetro che si frantuma.
Le poesie si susseguono in un crescendo d'intensità creando un filo conduttore tra loro,allo stesso tempo possono essere lette singolarmente come se fossero "istantanee"  di particolari momenti.
Per queste poesie l'autore si è ispirato al metodo giapponese della poesia Haiku caratterizzata da scrittura semplice e priva di fronzoli che lascia spazio al lettore per elaborare le intense emozioni che traspaiono anche se espresse in modo conciso e spesso tramite bellissime metafore.
Il percorso di elaborazione della perdita di un grande amore si snoda attraverso "poesie-emozioni", troveremo disperazione, tristezza, nostalgia ed amarezza .
Il libro si legge tutto d'un fiato grazie proprio alla semplicità della scrittura e al filo conduttore che le lega, all'inizio possono sembrare quasi banali ma via via si entra sempre più nel profondo colpendo per la loro originalità e coinvolgendo così il lettore.
Come ho già accennato, ciò che mi ha particolarmente colpito è il fatto che le poesie del libro possono essere intese come un racconto poetico, nel loro insieme, o come fotogrammi di specifiche emozioni e perfettamente intuibili singolarmente.
Lo consiglio a chi ama ritrovare emozioni poetiche con un tocco di originalità e sobrietà, è di facile lettura anche per chi non si è mai avvicinato ad un libro di poesie convinto che sia troppo impegnativo. (recensione di Eva)

COMMENTO di Giorgio e Sandra 

Tramite Lucia Massetani

Cara Lucia,

qualche tempo fa abbiamo letto sul Giornale un articolo di cui ti trascriviamo questo pensiero:

“Questo è il privilegio dei poeti: essere intimi e quasi confusi insieme a chi,  in ogni tempo e in  ogni luogo, cerchi se stesso nelle loro parole”.

Lo abbiamo condiviso allora e, ancor di più, nel leggere il libro di tuo  cugino Stefano.
La sua poesia evoca, secondo noi, sentimenti  e ricordi, lieti o malinconici ma sicuramente belli, profondi e incancellabili.
In un certo senso le sue rime fanno rivivere uno squarcio del tuo passato che ha inciso tanto da essere sempre dentro di te, anche se latente.

Vogliamo quindi ringraziare te per averci mandato il libro, molto gradito, e chiederti di porgere all’autore  i nostri più vivi e sentiti complimenti per  l’opera.
Conoscendo “l’amore” dei Massetani per la poesia e la letteratura in genere, formuliamo i migliori auguri per questa e per le future pubblicazioni.

 RECENSIONE della redazione Cultura del sito "Bellezze e Gossip"

Sono come ricordi di lampi luminosi le poesie di Stefano Massetani...
Edita dalla Giovane Holden Edizioni, questa raccolta di poesie, dal suggestivo titolo "Fiore di Vetro", prende lo spunto iniziale dall'argomento favorito dei poeti d'ogni tempo: l'amore...
Chi si accingerà a leggere "Fiore di Vetro" troverà componimenti per certi versi (perdonate il gioco di parole) dissimili dalla scena poetica contemporanea.
Il punto di partenza della racconta è l'amore totalizzante. Quell'amore che ci fa sentire più presenti, più pulsanti, tutti gli organi del nostro corpo, e che risveglia dal torpore la nostra anima. I film, la letturatura e la musica ci offrono continui aggiornamenti su una "notizia" che in realtà è sempre la stessa: vivere l'amore è un'esperienza a tratti alienante. Ma spesso, accecati e galvanizzati dalla potenza dell'amore, non ci accorgiamo che il nostro sentimento finisce nell'anima sbagliata, in balìa dell'indifferenza. E allora tutto l'impeto del nostro trasporto si va a infrangere contro uno scoglio granitico: l'altro non ci ricambia, l'altro sminuisce il nostro amore, gli fa muro.

Questo non può lasciare indifferente chi ama, perchè se è vero che l'amore è nutrimento per chi lo prova, alla fine la resa dei conti arriva: e quel sentimento, come un fiore di vetro, si infrange.

La poesia di Massetani è attraversata da una negatività di fondo, da strascichi dolorosi, che però si stemperano con i colori vivaci dei ricordi, dei piccoli gesti quotidiani che fanno rivivere le gioie dell'amore. Emblematici in questo senso sono alcuni versi, di struggente potenza figurativa, pur se in una apparente semplicità:

"Questa domenica è un lago di silenzio,
increspato dai gesti lenti con cui togli la polvere dai mobili."

E ancora:

"Mentre il giorno sta faticosamente giungendo al termine,
la luce della sera stempera definitivamente la tua figura,
i miei occhi rossi e stanchi,
non percepiscono più le differenze,
confondendoti, ormai senza scampo,
col buio della notte."

Il fiore di vetro va verso la sua disintegrazione non solo nell'indifferenza dell'amato, tema tanto caro alla letteratura di ogni tempo, ma soprattutto al rifiuto.

"Un contenitore d’amore,
usato e schiacciato tra le tue mani,
per poi esser gettato via, senza pietà,
nell’arida discarica del tuo cuore."

Versi forti, vividi, che lasciano gocce di nero e di rosso sulla carta.
Quali potrebbero essere le cause della negazione dell'amore? Quella più convincente è la chiusura in se stessi, in un mondo come sigillato, che ci impedisce di affrontare, o solo di accorgerci, di una presenza positiva che possa liberarci (talvolta anche da noi stessi).

Anche se le tematiche dominanti sono l'indifferenza e l'abbandono, trova spazio nell'antologia anche la delicata, quanto fugace, carezza dell'amore ricambiato.

Stavolta l'amata della situazione si lascia abbracciare, quasi attraversare, dall'anima dell'altro.

"Ma il tuffo più dolce, l’unico che non temo,
è quello nei tuoi occhi bagnati di pianto.
Trattenendo il respiro, salto senza paura,
per immergermi come un naufrago nelle tue lacrime..."

Commovente il riscatto, a un certo punto, di chi ha sinora subìto il rifiuto: "Non piango più". Ma è una presa di posizione dettata solo dalla rabbia, tanto che il passo successivo è "Voglio innamorarmi ancora".
E' l'ineluttabilità dell'amore, della vita stessa.

Ci si accorge alla prima lettura che il vetro di cui è fatto questo fiore è tutt'altro che trasparente: mille e mille sfaccettature potranno riaffiorare a seconda del vissuto di chi legge questi componimenti.

( recensione di Viola )

RECENSIONE della redazione del sito "Scrittura-mania.it"


Ci sono libri che quando li leggi ti mettono in contatto diretto con l’anima dei loro autori. “Fiore di vetro” di Stefano Massetani è uno di questi.

Trasuda delicatezza, sensibilità, innata capacità di tramettere emozioni: una familiarità estrema con il linguaggio delle emozioni che non lascia indifferenti.

Scrivere poesie d’amore che coinvolgano e commuovano nel profondo, senza scadere nella banalità o nel già visto e già sentito, non è certo impresa facile ma Stefano Massetani vi riesce con estrema naturalezza, regalando al lettore incantevoli, musicali frammenti della sua anima.

Dal ripiegamento introspettivo, vissuto in una dimensione nostalgica e sofferta, all’analisi delle dinamiche del rapporto sentimentale, alla ricerca di un barlume di luce, oltre la spessa cortina di dolore, in grado di aprire le porte alla speranza e al rinnovamento: questo è il percorso tutto interiore che Stefano compie nella sua silloge, che si compone di una cinquantina di liriche brevi, prendendo per mano i suoi lettori, in un affascinante viaggio nella sua interiorità.

Fra le qualità dell’autore va riconosciuta, in primis,  una non comune vis espressiva, fatta di proprietà di linguaggio e di delicate e incisive metafore.

Chiunque ami o abbia amato con intensità e profondità, sperimentando “la coraggiosa ostinazione dell’Amore sempre in bilico fra Paradiso e Inferno”, non può non riconoscersi nelle emozioni descritte da questa voce poetica preziosa e pura come un fiore di un vetro nobile al pari del cristallo.

RECENSIONE di Michela Zanarella sul sito "Roma Capitale Magazine"

Si apre con una citazione di Madre Teresa di Calcutta la silloge di Stefano Massetani, "Fiore di vetro" edita da Giovane Holden Edizioni: "L'amore è l'unica risposta alla solitudine".
L'amore è al centro della poetica di Massetani, che lo descrive con malinconia e rimpianto, quel sentimento è tanto fragile e delicato quanto doloroso da accettare quando si interrompe non essendo corrisposto.
Il poeta si interroga, quasi incredulo di una realtà così complessa da accettare, la consapevolezza della fine dell'amore lo porta a vivere uno stato di inquietudine, sofferenza e solitudine.
Amare e non essere amati nello stesso modo, con la stessa intensità, provoca una frantumazione interiore nel poeta, che si sente annientato e sconfitto dalle sue stesse emozioni.
"E' come un fiore di vetro il nostro amore./Delicato e fragile, pronto a sbriciolarsi/in cento schegge, al soffio del tempo".
Il fiore di vetro è metafora di un amore interrotto, spezzato, Stefano Massetani cerca però attraverso la poesia di anestetizzare i tormenti del cuore, sembra che la scrittura sia quell'ancora che tutto allevia e risolve, una fedele compagna che riempie il vuoto di un'assenza che pesa nell'anima.
Le poesie che si susseguono richiamano con forza la figura femminile, la donna tanto amata. Con un' emotività estrema il poeta conserva ogni emozione, senza tralasciare nulla, nemmeno il dolore.
 Dal buio, dagli equilibri interrotti si fa spazio una luce, uno spiraglio di speranza, che rovescia le polarità negative e conduce ad un nuovo modo di guardare la vita ed il mondo intorno. Non solo nuvole grigie, dense e pesanti, "ma un raggio di sole che non teme il futuro". Stefano Massetani non si arrende, non si lascia vivere, cerca di riscoprire se stesso in un viaggio intimo tra i ricordi, sfida coraggiosamente le sue paure e ritrova quella determinazione necessaria per un nuovo inizio.
 La poesia di Massetani è un mosaico di sfumature in versi, dove il linguaggio fluido e semplice tocca il cuore.
      

RECENSIONE di Nazario Pardini   sul suo blog "Alla volta di Leucade"

Una plaquette, questa di Stefano Massetani, intensa ed emotivamente coinvolgente. Un vero canzoniere d’amore; e si sa quanto l’amore abbia pesato nel corso della nostra storia letteraria: da Lesbia, a Delia, a Lidia, a Beatrice, a Laura, a Fiammetta, a Silvia…; quanti i nomi che dovremmo citare per scrivere di storie affascinanti ed uniche. E, d’altronde, è proprio questo sentimento la causa scatenante di ogni rivoluzione interiore. E dico dell’odio, dell’amicizia, del taedium vitae, dello spleen, della gioia, della malinconia, della vendetta… Sì!, il pane di ogni espressione artistica:  di una romanza, di un dipinto, di una confessione, insomma, che si possa fare universale, tanta è la contaminazione oggettiva, la sua influenza sulla pluralità dei fruitori. Ed è proprio questo sentimento a procurare gli sconvolgimenti interiori più eclatanti, e quindi a produrre le occasioni più fertili per il mondo dell’arte. E che cosa è questa poesia se non che rovesciare sul foglio tutto di noi stessi, con le nostre perplessità, coi nostri dubbi, con le nostre incertezze; che cosa se non confessare queste emozioni che, magari, decantate nell’animo, si ripresentano avvolte da una dolce e piacevole malinconia, intenzionate a ritornare a vivere. A farsi vita nuova con l’apporto di una parola che, vigile ed attenta, si snoda, si scompone, si adatta e si supera, anche, in un travaglio di ricerca, per dare voce a quei corpi. E si sa che la parola difficilmente è sufficiente a coprire gli immensi spazi del sentire. Ed è per questo che il Nostro non disdegna azzardi fonico-linguistici - pur in un campo semantico caratterizzato da un fluire semplice ed arrivante – azzardi figurativi che sforzano la loro apertura cognitiva per seguire i grandi input emotivi. Un vero canzoniere d’amore, quindi, dove l’autore segue una linea introspettiva personalissima, che determina, alfine, l’autenticità e la compattezza dell’opera. Si tuffa in se stesso il Nostro e, attraverso un’analisi psicologica puntuale e continua, smonta i suoi stati d’animo, per rassemblarli poi in una visione amara e struggente; per giungere ad una conclusione melanconica, quasi distruttiva, anche se mai nichilista. Perché è l’amore per la vita che emerge, alfine, da queste pagine; sì!, l’amore per la sua sacralità. Questo grande dono che ci è stato dato, e per il quale possiamo godere, soffrire, patire, e gioire per il fatto di esistere. E il Nostro è cosciente di questa sua esistenza e porta alle estreme conseguenze la sua riflessione su questo forte sentimento. Ama, ama fortemente; e ama a tal punto da credere che nessun altro amore potrà ricompensare, o ripagare il suo stato d’animo. L’unicità del sentire portata avanti con un’analisi psicologica sconcertante per la sua costruzione emotiva. Tassello dopo tassello. Momento dopo momento. Tutto finalizzato ad un pensiero portante. Non può essere eguagliato il suo sentire. E questa forte percezione non è forse valorizzazione del vivere? non è forse convinzione di questa irripetibile unicità? E’ questo crogiolo di emozioni che dà ragione alla vita. E il poeta, cosciente della sua precarietà, della sua inconsistenza, cosciente del fatto che tutto scorre velocemente, vorrebbe che questa superlativa prova esistenziale si facesse eterna, potesse andare oltre il tempo. E per questo ricorre spesso al ricordo. Quel ricordo, che, come alcova contro le delusioni o i rammarichi del vivere, è lì che attende per offrirsi come rifugio e continuità, anche, della vita stessa:  

 

“Quando la luce del nostro sole volgerà al tramonto,

e l’ombra si farà forte. Uccidendo i colori del mondo,

io ci sarò.

(…)

Ti sussurrerò, con un filo di voce,

tutto ciò che la memoria avrà custodito,

(…)

Forse qualche lacrima bagnerà il ricordo

di momenti ormai lontani nel tempo,

mi basterà la speranza di un solo tuo sorriso,

ed io ci sarò” (pp. 15).

 

Sì!, la speranza di un sorriso. E’ questo che conta  per l’autore, che, con la sua presenza, domina il percorso di questa avventura che è la vita; perché è il suo mondo, la concezione dell’amore a dominare; è questa presenza che avvolge ogni pagina, ogni sintagma, di questo poema erotico-sentimentale, quasi da Dolce Stil Nuovo per la spiritualità con cui è condotto. Ma certamente nuovo per l’attualizzazione degli intenti emozionali che, tradotti in versi ora ipermetrici, ora addirittura binari, riflettono, con malizia, una metrica novativa e strettamente legata, in maniera originale, alle oscillazioni dei battiti cardiaci. Ed è in questo dominio che l’autore cerca di dare vita a quello che non è più; forse, proprio perché, vuole vincere il gioco sottrattivo del tempo.

“Ma che importa quanto l’ultimo abbraccio dura,

se lega il suo ricordo ad ogni accendersi di stelle” (pp. 17).      

 

Ma il ricordo può essere un’arma a doppio taglio: da una parte gioca a favore in questo repêchage di emozioni che tornano impetuose ad esistere; dall’altra ci dà un segnale esatto, una percezione avvilente di quanto sottile sia l’ambito del nostro esserci. Del nostro avvinghiarci inutilmente alla statura immensamente abnorme di un’età che sfugge inesorabilmente. Di una stagione che macina i giorni e che si annulla amaramente come rena che scivola fra le dita:

“Mi immergo nel mare dei ricordi,

quasi fossi un calmo lago senza sponde,

e mentre ancor mi bagnan l’onde,

taccio,

come naufrago adagiato sulla spiaggia,

con le mani setaccio la sabbia della vita,

cercando invano d’imprigionarla tra le dita” (pp. 47).

Ma anche se la tristezza sembra sia un sottofondo musicale che accompagna sinuosamente le pagine di questo poema d’amore e di vita, alla fine, è un guizzo di speranza che irrompe dal tessuto musicalmente affabulante del testo: “Voglio innamorarmi ancora”. E anche se quel “Fiore di vetro” ci dà una chiara percezione di quanto siano fragili l’essere e l’esistere con tutti i loro rimandi, alla fine, è questa impennata positiva a portare luce al dipanarsi del male di esistere:

“Voglio innamorarmi ancora,

per ripercorrere, lentamente a piedi,

la strada che ci ha conosciuto,

soffermandomi di tanto in tanto,

seduto da un lato su di una pietra,

ad aspettarti,

mentre respiro l’odore della polvere,

che lenta ed inesorabile si posa su di me,

lasciando tracce visibili che

ancora una volta non saprò cancellare” (pp. 56).

 

E non è detto che quella “polvere” non sia la substantia di una storia che, in definitiva, l’autore consegna alla poesia per farne un messaggio da sottrarre al logorio delle stagioni.

RECENSIONE di Tito Cauchi

Motivazione 4° premio al concorso letterario internazionale poesia edita" Leandro Polverini"

Nel suo stile colto e ricercato ma non oscuro, con immagini terse e tonalità pacate, con una musicalità così curata da diventare espressione naturale, l'Autore riesce a fondere un'ineludibile malinconia con un atteggiamento stoico, coinvolgendo i sentimenti lungo una riflessione che armonizza,senza comprimerlo, l flusso dei pensieri e delle emozioni in una incursione urgente nello spazio indomabile della poesia.
La silloge si colora sovente di sfumature crepuscolari.

RECENSIONE di  Salvatore Castiello

Mi corre l’obbligo accennare ad un fatto avvenuto nel corso del passaggio fisico del libro dalle mani dell’autore alle mie mani.
Il libro è stato inviato da Stefano Massetani all’ottimo nostro Umberto Schioppo, poi da lui è stato consegnato a mia cugina del Vomero, presso cui sono andato a ritirarlo.
Questa mia cugina, cui era giunto il libro la sera, nel consegnarmelo il giorno seguente, mi ha detto: “E’ una bella raccolta di poesie. Ne ho letto una decina. Mi sono piaciute tutte!”.
Vorrei qui sottolineare che ella non è una addetta ai lavori, nel senso che non è una insegnante o una comunque avvezza alla lettura di simili testi.
Cito codesto accadimento, a titolo cronachistico ed asettico, da un lato, dall’altro a doveroso elogio del nostro Stefano Massetani, al fine di evidenziare l’enorme impatto, che operano i testi della sua raccolta, anche ad una prima e semplice lettura, nonché la grande potenza espressiva, che posseggono i testi medesimi.  
Archiviamo questa premessa e passiamo al tecnico.
Ho letto e riletto le poesie della raccolta.
Mi sono tuffato in esse. Anzi, mutuando un “cenno” della poesia “Avvicinati”, mi sono lasciato “avvolgere” dalle parole.
Ebbene dopo aver scorso, letto, esaminato ed approfondito tre, quattro, cinque,…dieci testi, mi sono fermato e sono tornato indietro varie volte a rivedere questo o quel testo, con occhi ed orecchi diversi.
Sentivo che c’era qualcosa che non andava.
Mi mancava qualcosa.
Ripeto, sentivo che mancava qualcosa e codesta mancanza mi si ingigantiva ad ogni passaggio, poesia dopo poesia.
Gira che ti gira.
Leggi che ti rileggi.
Cerchi che ti cerchi.
Alla fine ho trovato!
Premetto che è una delle mie fisse senili la “musicalità” del testo poetico.
Per entrare nel plot recondito di un testo poetico, non è possibile né è consentito abdicare alla disamina delle peculiarità del componimento medesimo.
Non si può non tenere conto del peso che ha ogni singolo verso o parola, vuoi esso aggettivo, verbo, pronome od altro, nonché del peso che hanno le virgole, i punti, i puntini sospensivi, gli “a capo” e altro ancora nella architettura della poesia.
Ogni elemento della poesia deve rispondere, nella sua presenza strutturale, ad un disegno armonico-musicale, nel pieno rispetto che tale disegno richiede.
Mi fermo qui, senza andare nel tecnico, con ulteriori approfondimenti.
Ogni testo di poesia si deve intendere come una partitura musicale. Ogni sua lettura si deve intendere come l’esecuzione di una partitura musicale.
In una partitura, come amano precisare tutti gli insegnanti di musica, c’è scritto tutto.
Bisogna leggere ed eseguire.
Dicevamo che nel rigo musicale c’è scritto tutto.
Anche i “silenzi”.
Cioè le pause, nella piena accezione tecnico-esecutiva in campo musicale.
Ecco cosa mi mancavano leggendo le poesie di Stefano Massetani!
I “silenzi”, le pause, ripeto ora e mi sono ripetuto decine di volte nella mente.
Le pause.
E’ mia personale convinzione (estremamente opinabile, ma mi si consenta non tanto peregrina) che la semiologia letteraria dimostra una grande carenza in proposito, al confronto con quella musicale.
Qualcuno farà notare che esistono i puntini sospensivi. Si, ma non sono la stessa cosa.
Il poeta ed il nostro ottimo, che ora ci assorbe, ha bisogno, anzi necessita di un segno, a mezzo del quale indicare quanto debba durare il sospendersi dell’azione, il prolungarsi di uno sguardo, il fermarsi del respiro, nonché l’attesa che un fatto avvenga o che giunga una risposta.
L’autore non può (ed io aggiungo non deve) assolutamente affidarsi alla sensibilità o bravura (che a volte si rivela un puro e semplice tecnicismo per non dire….mestiere!) di questo o quel lettore, di questo o quell’interprete di turno, cui viene affidata la declamazione di un suo testo.
E’ doveroso reiterare un concetto, per dovuto ossequio all’opera del nostro, che, per sua bontà, ci sta partecipando e che stiamo esaminando
Una poesia (invito l’autore a smentirmi o correggermi se travalico limiti, oltre il quale non ho i mezzi per esplorarli. Mi tornerebbe a mio arricchimento mentale ed emozionale) una poesia, dicevo, nasce, nella testa e/o nel cuore, in un modo, in una forma, con una sua struttura.
Poi, come un seme sotto la terra, si matura, prende consistenza. Inizia una sua vita indipendente. E prima che il poeta riesca a mettere il punto di chiusura definitiva, una parola, un aggettivo, una virgola o un punto viene sottoposto a molteplici spostamenti, mutamenti e sostituzioni.
Tutte le prefate sostituzioni e/o mutamenti per la maggior parte dei casi sono dovuti alle “sonorità”, intrinseche alle parole medesime, od ai segni interpuntivi, di cui il poeta si serve per dare corpo a questa od a quella emozione.
Non oso, per mia incapacità strutturale, pensare al lavorio mentale del poeta in genere (oltre che del nostro), quando, cambia qua e cambia là, non riesce a trovare quello, di cui la sua mente ed il suo cuore va in cerca.
Che dramma, immagino.
E che soddisfazione, invece, quando quella parola o quel “a capo” risponde alle sue esigenze.
Presso la mia tribù di fratelli, generati da millenari parti distribuiti fra greci, latini, normanni e saraceni, un motto colora e definisce il pezzo “ad hoc”, rinvenuto dopo attente ed estenuanti ricerche: “Chisto è isso, chisto è ‘a chiave ‘e ll’arco!”. Cioè a dire quel pezzo a cuneo che, posto sulla sommità dell’arco, ne sostiene la struttura e consistenza.
Qualche esempio per dare corpo alle mie osservazioni.
In “Avvicinati”, fra il secondo e terzo verso
Avvicinati ancora
al fuoco del mio cuore,
Stefano ha messo una virgola ed è andato a capo, per indicare una sosta. Il suo cuore si ferma, attende un segnale da interpretare. L’attesa è un vorticoso alternarsi di speranza, sogno, paura se non terrore. Tutto questo, per quanto veloce o lento possa essere, ha un suo tempo “fisico”, la cui durata non può che trovare genesi solo nell’animus di chi ne ha ingenerato i prodromi e non altri.
Più avanti nel medesimo testo “Avvicinati”, fra il terzo ed il quarto verso, iniziando quest’ultimo con una congiunzione,
…ti racconterò di me,  
e di chi adesso sono.
l’autore qui ha voluto una sosta più lunga, più complessa ed articolata.
Una sosta fatta per fermare l’emozione, per raccogliere i pensieri, per decidere cosa dire e cosa non dire.
Il nostro tenero amante deve decidere quale intensità e registro di voce o di animo attivare nel raccontare di sé e del suo stato attuale, con la sottesa accortezza di non sprecare quell’occasione con un gesto, una parola, una intonazione sbagliata, eccessiva in un senso od in un altro.
Codesta sorta di necessaria interpunzione, figlia di una voluta e ricercata interruzione, possiamo riscontrarla in numerose e svariate poesie della raccolta: “Ti ho guardata”, “Avvicinati”, Io ci sarò”, “Negli occhi, tracce di mare”, “L’ultimo abbraccio” ed altre.
E’ mia convinta opinione che le poesie (fino a che i fatti, gli uomini, la vita lo consentono) debbano essere interpretate solo dai loro autori.
Una sorta di “cantautori” ante litteram.
Perché?
Perché le poesie sono Fiori di vetro!
Come, “Fiori di vetro”, sono belle, delicate, affascinanti, quelle semplici come quelle più o meno articolate, lunghe o brevi che siano, con termini aulici, comuni, correnti o desueti.
Tutte richiedono, anzi, necessitano di trattamento attento ed accorto, frutto di estrema competenza e perizia.
Competenza e perizia, che sono (uso una espressione a me cara) il cascame ultimo di una magica combinazione alchemica di cuore ed anima, che in complice alleanza tengono la testa, con la sua razionalità, il più lontano possibile da quell’agone, in cui si confrontano, si scontrano e si avvolgono, con reciproca interdipendenza, gioie, dolori, paure, attese, desideri, angosce, sogni.   

Qui chiedo mi si consenta e tolleri uno squarcio nel velame dei ricordi personali.
Fiori di Vetro, dicevo antea.
Mi tornano in mente le raccomandazioni che i nostri genitori facevano a noi ragazzini, tutte le volte che, nell’allestire l’albero di Natale, volevamo appendere le “palle” di vetro.
Mi è rimasta in mente la loro leggerezza!
Ho negli occhi ancora le immagini della loro bellezza, nonché nella mente l’idea della loro delicatezza.
E quante volte, dopo che puntualmente ci scappavano di mano e si rompevano, siamo rimasti feriti con questo o quel frammento!
Ancora (e chiudo il momento personale) ho presente la accortezza con cui mia madre estraeva dalla scatola, affogato nella paglia bianca, il puntale!

Nello scorrere l’indice (altra mia fissa senile, ben nota a chi mi conosce ed ha la bontà di tollerarla!), a scandaglio, lasciandomi portare dal fascino quasi epidermico di questo o quel titolo, ho letto le prime poesie. Così sono andato, a mano a mano, avanti nella primiera lettura.
Nelle successive letture sono ritornato su quelle poesie che mi ero appuntato, per un motivo o per un altro, per questa o quella circostanza descritta, per questo o quell’attimo di intensa emozione, in cui (non alcuna remora o timore di confessare) ognuna di esse mi ha fatto “tuffare”, parafrasando il testo di pagina 31.
Più testi scorrevo e più elevavo il punto di osservazione dei testi medesimi, guardandoli nella loro interezza o globalità.
Più saliva il mio punto di osservazione e più dai testi fuoriusciva un cifra comune, come un segno che accomunava i testi nella loro interezza.
Mia cugina, di cui all’incipit di questa mia prolusione, mi ha, se pur involontariamente, dischiuso l’orizzonte dialettico, a cui sono giunto a seguito dell’approfondimento dell’intera silloge.
Ella mi ha detto: “Sono poesie d’amore”.
Ed aveva ragione.
Sono poesie d’amore, ma con una armonia generale peculiare.
Non sono poesie in cui si parla “d’amore”.
Sono poesie “dell’amore”. Inteso nella accezione di respiro universale, oggettivo.
L’ottimo Stefano Massetani ha scritto le sue poesie al “maschile”, atteso che in questo modo ha vissuto le emozioni, in esse esplicitate, o sotto codesta luce ha voluto far vivere e palpitare il cuore del protagonista delle varie stanze.
Io, con il permesso del nostro e, “absit iniuria verbis”, senza voler minimamente oltre passare l’invalicabile “ultra clamides”, mi sono azzardato a leggere qualcuna delle poesie al “femminile”.
Sempre in via estremamente subordinata al tuo illuminato parere, sommessamente ed a capo chino, confesso che le ho trovate giustificate, logiche, nonché consone al tema e dialetticamente ferme, tetragone e senza forzature di sorta.
In queste poesie non troviamo un “amore” legato a questa o quella persona, nella sua fisicità, per cui nasce e muore con essa. Ma l’archetipo “dell’amore”, che può trovare alloggio in qualsivoglia cuore. Quale sentimento nella sua universalità, per cui ognuno (di qualsiasi età, ceto, condizione, latitudine, lingua o continente), nel corso della lettura può ritrovarvi un attimo, un sospiro, una lacrima, una emozione sua e non d’altri.
Personale ed intima.
Quelle emozioni, che la nostra tradizione letteraria ha definito tormenti d’amore. Quei tormenti che, cito a memoria, Marguerite Youcenar, definisce la giusta punizione che dobbiamo subire per non aver saputo resistere alla voglia di restare soli.
Invece noi, che siamo quegli epigoni di cultura peloponnesiaca, sappiamo bene che quel tormento viene da molto, molto lontano nel tempo, anzi oltre il tempo della storia.
Platone, nel Simposio, ci rammenta da quale recondita ed antica fonte piglia origine il patimento amoroso, mettendo in bocca ad Aristofane il mito degli Androgini.
Quei possedenti esseri a quattro braccia, quattro gambe, quattro occhi eccetera, molto superbi e sfrontati.
Per questo motivo Zeus li punì, dividendoli in due.
Dalla spaccatura nacquero gli uomini e le donne. Uomini e donne i quali, da quel fatidico giorno, ardono e si tormentano per il desiderio d’amore di riunirsi un’altra volta, l’uno con l’altra.
Nel suo lavoro, Stefano Massetani, poesia su poesia, supporta l’uomo, la donna, il lettore o la lettrice di turno, nel vivere al meglio le sue emozioni amorose, con i suoi attimi sognanti.
Sempre in subordine all’illuminato parere di Stefano Massetani, nonché sempre a capo chino e sommessamente, ardisco avanzare un suggerimento, dopo averne saggiato gli effetti di persona.
Leggere le poesie del nostro qui presente con il sottofondo delle sonate per violoncello di Bach.
Ho sentito la struggente voce del violoncello quale degno ed accogliente incavo della mano, in cui appoggiare ogni “Fiore di vetro” di codesta silloge, come, per esempio, la colonna sonora di “Sei”, quale
“…la più dolce melodia
ascoltata nei giorni di festa…”
oppure
“…questo mio cullarti all’ombra della luna”, di “Avvicinati”, quale amorevole e dolce dondolio, ancora in “Io ci sarò”, quale granitica fonte da cui trarre
“…abbastanza forza per parlarti di noi…”.
Per quanto mi riguarda, confesso che ad un certo punto (per quei pochi che non lo sanno, ripeto che leggo i testi ad alta voce) ho percepito che il suono delle parole di queste poesie si sono armonicamente fuse con il suono delle sonate per violoncello.
Sono rimasto, credetemi, incantato, affascinato, rapito!
Provate pure voi e fatemi sapere.
Complimenti, Stefano e ad maiora semper.

 COMMENTO di Francesca Graziadio

La raccolta “Fiore di vetro” racconta sempre l’amore, ma non è più il sentimento vivo e forte di “Amore imperfetto”, quanto piuttosto l’amore “fragile, pronto a sbriciolarsi/ in cento schegge, al soffio del vento”. Non c’è più l’immediatezza dei versi della prima raccolta, ma vi si legge un canto più riflessivo e più lungo, che cerca quasi di creare un colloquio con l’amata, ormai distante e a tratti indifferente alle richieste e alle esigenze del poeta. L’allontanamento e la solitudine amorosa creano una forte eco nel poeta che si sente come un “acrobata” che cammina sul filo di un relazione sentimentale. La presa di coscienza di un rapporto impari sfocia quindi nel distacco affettivo in cui “ogni pensiero compresso in una scatola/ non potrà uscire senza la complicità del tempo/ e lo farà col fragore del tappo che salta via”.

 

COMMENTO di Stefania Valbonesi

 

Dopo “Farfalle e falene” e “Amore imperfetto”, Stefano Massetani pubblica la sua nuova raccolta “Fiore di vetro” con la casa editrice “Giovane Holden Edizioni”. Rispetto alla sua prima raccolta di versi, “Amore imperfetto”, Massetani si pone in continuità con questa nuova opera. Come egli stesso dichiara, “Fiore di vetro” rappresenta un’evoluzione del sentimento attorno al quale orbitano i versi della raccolta precedente. Si assiste dunque alla presa di coscienza dell’impossibilità di ricevere un impulso amoroso qualsiasi da chi  ha assorbito totalmente quello che le veniva incondizionatamente offerto. Il destino del “donatore” si risolve in un totale “dissanguamento” che comporta sofferenza e solitudine. Addentrandosi tra i versi di Massetani, ciò che si avverte è la totale mancanza di contatto con la donna amata, in una corrispondenza univoca del sentimento. Sono poesie taglienti, gelide, eppure quasi prive di un rancore sincero, permeate di rassegnazione al vuoto. Si parla di un amore, che già si dilegui fino a svanire, contro il quale l’onda dei ricordi si infrange e poi si ritira senza sortire alcun effetto. È il sentimento di chi ama come un fiore di vetro, con trasparenza, sincerità e di conseguenza fragilità estrema è l’amore puro dei poeti, privilegiato per consapevolezza ma connaturato ad una dimensione di sofferenza che non si può fuggire in alcun modo è l’amore che ha come unico fine l’amore, che libera l’uomo dalla costante costrizione di uno scopo, che essendo però elettivo, rende immancabilmente soli.

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